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Biografia di Giacomo Bergomi

GLI INIZI


1923

Nasce a Barco di Orzinuovi in provincia di Brescia il 31 dicembre da Pietro e Teresa Corna. I Bergomi sono fittavoli originari di Adrara San Martino (Bergamo).
Giacomo è il quartogenito di sette fratelli.


1933

Muore la madre.

La Famiglia Bergomi si trasferisce da Barco a Cizzago, poi a Cossirano, successivamente a Maclodio ed infine alla Cascina “Colombéra” di Lograto.
Sin dalla giovane età Giacomo manifesta la propensione per il disegno.

“Gli piace solo disegnare, al resto dà un passalà, ma appena si trova davanti un pezzo di muro sbiancato a calce gli si accende dentro un fuoco incontenibile: così, corre a cercare nel fuoco un pezzo di carbone e sbozza con segno marcato animali, figure, contadini al lavoro, scene di caccia e di guerra, preti, madonne, Cristi.” (Sbaraini)


1943

Ai primi di gennaio parte per il servizio militare. La prima destinazione è Padova al 58° Reggimento Fanteria “Divisione Piave”.

“I muri delle caserme sono grandi e bianchi per Bergomi, una tentazione irresistibile: a riempirli di disegni provvede lui e, tra un’infrazione disciplinare e qualche scarabocchio di troppo, le punizioni fioccano, sicchè finisce in gattabuia un giorno sì e l’altro pure, finchè il suo tenente -tra disperato e speranzoso -non gli regala tavolozza, colori e tele, che provi a dipingere quelle, rispettando i muri, brutto zuccone di uno…” (Sbaraini)

In maggio è destinato al 155° Divisione Fanteria “Emilia” e trasferito nella Ex Jugoslavia. Dopo l’8 settembre fugge in Puglia, dove viene assegnato al 119° Reggimento “Emilia”.


1944

Il suo reggimento viene trasferito a Napoli.


1945

Torna a Brescia in giugno.


1946

Frequenta la scuola di disegno e pittura di Emilio Pasini.

Come avverte la necessità di acquisire conoscenze tecniche, eccolo in città, alla scuola di disegno e pittura di Emilio Pasini. Resiste per quasi tre anni, tre anni di incomprensioni, di amarezze e di frizioni frustranti: c’è nel vecchio professore una naturale diffidenza per quest’allievo così diverso dagli altri, così ruvido nel tratto e insofferente, ribelle quanto basta da risultargli alla lunga antipatico, tant’è che un giorno sbotta e gli grida che e inutile continuare, che sta perdendo il suo tempo: e da un certo punto di vista gli dice la verità, la sua verità di maestro accademico e quasi imbalsamato: cosa ci può essere in comune tra due così? Bergomi è un contadino con le radici, vigorose e intrecciate, che affondano in un mondo che l’altro non può e non vuole capire, tanto gli è estraneo. (Sbaraini)


1947

Si reca nelle Puglie a trovare il fratello più giovane, Annibale, che sta compiendo il servizio militare e che è gravemente malato.
Ritorna con il padre a Gioia del Colle (Bari) dove l’ 8 dicembre il fratello muore; lì viene sepolto.


1948

Torna nelle Puglie. Ostuni, le Murge, la penisola salentina fino a Otranto sono i luoghi visitati per catturare e fissare i colori, il paesaggio, la gente del posto.


1949

Nel mese di agosto torna in Puglia.
Si chiude per incomprensioni l’esperienza presso il maestro Emilio Pasini.
Nell’autunno affronta Milano. Si stabilisce presso le “case minime” di Baggio. Dorme in un magazzino e si mantiene con lavori saltuari.


GLI ANNI ’50

Frequenta per alcune mesi i corsi serali a pagamento dell’Accademia Cimabue, che deve abbandonare per ragioni economiche. Dipinge per strada angoli e figure della vecchia Milano che vende a turisti o a clienti occasionali. Questa attività, integrata con qualche occupazione casuale, gli permette di vivere.
Al soggiorno milanese alterna periodici rientri a Lograto, dove prepara le tele per Milano o esegue opere su commissione per clienti del territorio. Ha per un certo periodo uno studio nella vecchia chiesa sconsacrata di Lograto.
Tra il ’54 ed il ’57 frequenta i corsi serali dell’Accademia di Brera, decisiva per la crescita artistica del giovane Bergomi. Ha come insegnanti Salvadori, Franchi, Cantatore ed il direttore Aldo Carpi. Negli ambienti braidensi stringe amicizia con Carlo Carrà con cui instaura una importante frequentazione; il grande maestro lo consiglia e lo invita nel suo studio a mostrare i propri lavori.


1950

La prima personale è presso il Circolo Acli di Baggio a Milano; espone venti tele e non ne vende neppure una.
Vende il suo primo quadro in Piazza Duomo e da questo momento si dedica completamente alla pittura. Dipinge scorci della città e vende a clienti occasionali.


1952

Frequenta i corsi serali dell’Accademia Cimabue.


1953

Tra luglio e agosto rivisita le Puglie.


1954

Si iscrive a Brera. Sono questi anni proficui e cruciali per Giacomo. Così ne parla sapientemente Valzelli:

“Prima, per le sollecitazioni che trova (a cominciare dall’innata passione per il disegno) in insegnanti validi come Salvatori e Franchi e nello stesso direttore dell’Accademia di Brera, Aldo Carpi. Quindi, per gli importantissimi e proficui incontri con Carlo Carrà e con Domenico Cantatore. Perché, se nell’uno ammira la colta e suggestiva lezione del linguaggio tonale, all’altro deve – col più solenne battesimo d’incoraggiamento – quel magistrale riscatto dalla opaca e grommosa materialità degli avvii che consiste nella riscoperta della realtà naturale secondo la squadrata e rivelatrice chiave giottesca, mediante un’operazione di sintesi formale e di attitudine plastica, l’ossatura arcaica, l’impianto geometrico e la compostezza compositiva e cromatica, per cui le figure si assestano solidamente e il paesaggio si aderge in una dimensione monumentale.”


1957

Muore il padre Pietro. Abbandona Milano e si stabilisce a Lograto per stare vicino alla famiglia.

“È qui… che Giacomo si riappropria del suo mondo, in un’amorosa rivisitazione del tempo perduto. Per lui è come tornar a scavare in una miniera di ricordi appena sopiti: riprende a mettere sulla tela -da grande pittore “naturale” come è sempre stato, arricchito nello stile e nella tecnica -i volti dei contadini bruciati dal sole e scavati dalla fatica, le sue donne (“cerbiatte, mule e leonesse, tenerezza sottomissione e gagliardia, paradigma e àncora dei valori della famiglia e della casa, della quale sono risidore attente e sparagnine”) incurvate più dal lavoro che dall’età, i girovaghi con le carovane e i cavalli e i girovaghi dei mestieri – stagnari, ombrellai, arrotini, gli ambulanti delle pelle di coniglio, “strasse, òss, feramenta rota” -, i ragazzi innocentemente protervi, i gruppi dolenti dei ciechi che si tengono per mano, le case scrostate, le strade, la cascina e il microcosmo che le sta intorno, campi verdi indorati dalle messi o resi color marrone dall’aratura, filari di gelsi e rive frondose di platani e di pioppi, ravizzoni e verzacchi di un bel giallo tenero, piane azzurre di lino, campi di tabacco dalla pianta rigogliosa, i fossi di bonifica e d’acqua sorgiva, e poi piante scalvate e lenzuoli distesi ad asciugare, fontane e gnari sfrontati (come eravamo noi, quando prendevamo d’assalto i campi di angurie e di meloni, rischiando una schioppettata a sale), portici e fienili, vecchi usci suggestivi, povere camere con letti e sedie sgangherate: è questa, in sostanza, la materia pittorica di Bergomi, resa con mano felicissima e con innato cromatismo. È qui che Bergomi dà il meglio di se, con molta forza espressiva, che corrisponde comunque alla forte pulsione interiore, e con pari tenerezza.” (Sbaraini)


1958

Vince il Premio acquisto mostra nazionale d’arte sacra a Roma con un quadro sul tema “Gesù lavoratore”.
La prima personale a Brescia è presso la Galleria d’Arte; ne seguiranno tantissime altre in diverse gallerie.


GLI ANNI ’60

Gli Anni Sessanta sono il tempo dell’affermazione, di una febbrile ricerca pittorica, di una rinnovata maturità, di un’intensa produzione artistica ed espositiva, della partecipazione a manifestazioni e rassegne pittoriche nelle quali ottiene numerosi riconoscimenti.
Stabilisce il proprio studio in città.
La frequente itineranza permette a Bergomi di trovare continuamente linfa ispirativa. Si susseguono periodicamente i viaggi in Puglia, in Grecia e nella vecchia Jugoslavia. Visita la Bulgaria, la Francia, la Polonia, la Spagna, la Svizzera, la Turchia. Ma sono soprattutto la Puglia e la Grecia ad influenzare il pittore.


1960

Tiene la sua prima personale all’estero in gennaio presso la “Librarie Plaine” a Saint Etienne.

“Ottiene un grande successo di critica: la stampa d’oltralpe parla di un pittore di grande umanità, di forte sensualità però con qualcosa di pudico, di mirabile espressionismo che si cala nei drammi del sociale, di un suo itinerario traverso gli anni della ricerca (figurarsi se poteva mancare, nella patria di Marcel Proust) del tempo perduto, in un approccio -e mi sembra un’annotazione imprescindibile quando si parla di Bergomi – spoglio da ogni intellettualismo.” (Sbaraini)

Stabilisce lo studio in Rua Sovera a Brescia. In maggio vince il 1° premio “ex aequo” al Premio Montichiari.


1963

Visita la Grecia nei mesi estivi.

“… quasi un ritorno all’esperienza vissuta in Puglia e a certe asprezze dei paesaggi riarsi del sud: ad attrarlo sono le atmosfere solari del Mediterraneo, i pescatori e soprattutto i contadini di quell’agricoltura povera, di immane fatica, qualche carovana di nomadi: dipinge con slancio rinnovato, mette sulla tela “selvatichezza e innocenza, ostentazioni remissive e lampi di sfida, in una ferma ieraticità da coro antico”. Sono, i suoi, colori vivi, di forte incisività e di marcato contrasto, di luce incredibile: conservo a distanza di lustri un ricordo ammaliante delle sue chiese ortodosse, del loro biancore quasi metafisico. E poi la galleria dei volti, scavati, a volte ribaldi, quasi sempre senza allegria, da mondo dei vinti.” (Sbaraini)


1964

Trasferisce il suo studio in via Trieste.


1965

Il 26 maggio si reca sotto il cavalcavia Kennedy a Brescia e lì brucia moltissime sue opere, complessivamente 120 tele e 200 disegni, senza mai spiegarne il motivo, ma accreditandone alcuni ipotetici allora indicati dalla stampa non solo locale.


GLI ANNI ’70

Gli Anni Settanta sono inaugurati dalla scoperta del Sud America, con cui si apre un nuovo mondo pittorico, dal matrimonio con Anna Balzanelli e dalla nascita del figlio Stefano.
In Sud America Bergomi visita per lunghi periodi l’Ecuador ed il Venezuela, incontrando le popolazioni indigene che ritrae nelle loro abitudini quotidiane. Accanto ai soggetti tradizionali si aggiungono ora gli indios delle foreste, gli andini dai ponchos sgargianti e i pescatori dell’Isola Margarita. Nel frattempo l’artista ritorna periodicamente in Puglia, compie ancora alcune visite in Grecia, in Polonia e in Bulgaria.
Inizia anche la ricerca sistematica degli oggetti del mondo contadino che confluiranno poi nel Museo a lui dedicato.


1970

Si reca in Equador a fine ottobre.

“…nel lontano Ecuador, un vento terso di altitudini e di salsedine imbeve il suo asciutto registro lombardo di qualche cromia sgargiante, quasi folate d’indaco di viola e di porpora, balenii di raso alla Savoldo per dare agli stracci di una immota realtà da presepe la sontuosa effusione del giubilo.Succede che, quando l’industria e l’urbanesimo spopolano le cascine, depauperandole delle braccia che le onorano col lavoro, Bergomi sente stravolgere in sé le ragioni della sua pittura. E’ come se diseredassero anche lui, gli cavassero il sangue, gli strappassero l’anima. E allora reagisce come può reagire la mitezza in persona. Va a trovare se stesso di là dall’oceano, fra gli amerindi e i meticci delle tribù andine, l’altra faccia dell’orbe terracqueo. I ragazzi, le donne, i vecchi che aveva familiarmente assembrato nell’aria di affranto delirio e di coriacea rassegnazione della sua Padania, cambiando pelle e braghe, assumono le sembianze camuse e il poncho di un popolo di formiche che alla terra chiede il nulla e il tutto per sopravvivere.[…]Apparentemente relegata in una lontananza siderale, questa che Bergomi amplifica – tornando ai teleri provocatorii – è ancora la sommessa, la spiantata, la dolente epica del mondo contadino ripudiato dagli altri in patria ma da lui riconquistato intatto nel cuore di un altro continente, in quel mirifico miraggio dell’arte che si fa dono universale.” (Valzelli)

Espone in una personale presso la Galleria d’Arte “Kitgua” a Quito (Equador) in dicembre.


1971

La personale presso la Galleria d’Arte A.A.B. a Brescia in novembre presenta al pubblico bresciano il nuovo tema pittorico legato al viaggio in Ecuador.
Si unisce in matrimonio ad Anna Balzanelli il 29 novembre.


1972

Si reca in Venezuela nei mesi di novembre e di dicembre.


1973

Il 15 dicembre nasce il figlio Stefano.


1976

Torna in Venezuela nel mese di gennaio.
Il 12 aprile ha un grave incidente all’Isola Margherita.


GLI ANNI ’80

Negli Anni Ottanta i viaggi subiscono un certo rallentamento. Per alcuni anni trasferisce lo studio nella cascina di via S. Antonio a Mompiano a causa dei lavori di sistemazione del Palazzo di via Trieste in città.
Dedica molto tempo e risorse alla ricerca degli oggetti del mondo contadino che raccoglie in un piccolo museo prima nella casa di Collebeato, dove vive con la famiglia, e che trasferisce nel 1988 nella casa-studio di via Esenta a Berlinghetto.


1980

Torna in Ecuador, dove resta colpito dai colori sgargianti degli abiti delle popolazioni indigene illuminati dal sole a picco sulle Ande che dona ad essi una luce irreale.


1987

Ritorna in Ecuador.


1988

Si trasferisce nella casa-studio di Berlinghetto.


GLI ANNI ’90

Negli Anni Novanta la produzione pittorica si arricchisce dei paesaggi marchigiani e della ripresa della città di Ostuni, caratterizzata però da tagli prospettici nuovi, rispetto alla produzione degli Anni Sessanta, e da una tavolozza giocata sul contrasto dei bianchi delle case e dei blu del cielo. Ancor più significativa da un punto di vista pittorico dopo il 1998 è la novità della cascate a cui Bergomi dedica grandi tele.


1990

Torna in Venezuela con il figlio Stefano.


1993

Subisce il furto di più di 200 opere.


1994

Ritorna in Venezuela.


1998

Visita il Parco nazionale de Canaima a sud-est del Venezuela. Rimane folgorato dal paesaggio; in modo particolare lo colpiscono i Tepuy e le cascate.

“Qui nel parco nazionale di Canaima che misura tre milione di ettari ed è – lo racconta lui stesso – un paradiso selvaggio e fluviale di infinita maestà e di natura incontaminata di carattere tropicale, è stato colpito e rapito quanto può esserlo un bassaiolo della Padania dalle cascate, dal fluire di acque infinite che andranno a rendere maestoso I’Orinoco…”
“…le terre alte, uniche nel loro genere, gli si sono stampate nella mente e nel cuore, al punto da stimolare una produzione pittorica per lui inconsueta, di cascate e acque che cadono nel verde scuro della foresta da conformazioni rocciose antichissime, che in quasi 4 milioni di anni, di erosioni e di venti, hanno perse le cime, finendo per somigliare a immensi balconi naturali.” (Sbaraini)


1999

Il tema delle cascate domina la personale presso Villa Morando a Lograto.


GLI ULTIMI ANNI

Nel 2001 Bergomi abbandona Berlinghetto e si trasferisce a Cellatica.
Le ultime opere sono dedicate alle nevicate.


2002

In questo periodo Giacomo realizza l’ultima serie pittorica. Il tema è quello delle nevicate nella campagna bresciana.


2003

L’ultima personale (grafica) è presso la Sala Civica dei Disciplini a Castenedolo (Brescia) in aprile.
Visita le Puglie nel mese di settembre con il figlio Stefano.
Manca inaspettatamente il 22 settembre a Brescia.
Le sue spoglie riposano nel piccolo cimitero di Sant’Eufemia nei pressi del Quartiere Sanpolino.